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L’eliminazione dei Landlord e l’inesorabile declino di X Factor

I Landlord sul palco di X Factor

I Landlord sul palco di X Factor

Chi mi conosce sa che fino a due anni fa la mia opinione sui talent show a tema musicale era fortemente condizionata da un enorme pregiudizio nei confronti degli show stessi. Un’opinione che onestamente non è mai mutata per quanto riguarda gli infinitesimali frammenti di trasmissione che mi sono capitati davanti agli occhi di The Voice, Amici di Maria De Filippi o robe simili. Né le performance dei personaggi usciti da questi programmi sono mai riuscite a convincermi della bontà di queste competizioni, anzi hanno piuttosto consolidato i miei pregiudizi e con loro la mia avversione.

Poi nel 2013 mi capitò per caso di imbattermi nelle audizioni di X Factor e soprattutto di imbattermi nella travolgente esibizione di Violetta Zironi (splendida protagonista nel suo graditissimo ritorno ieri sera) quando cantò un’entusiasmante Shortenin’ Bread accompagnandosi con l’ukulele. Decisi allora di seguire il programma, solo e soltanto per lei, e mi dovetti presto stupire di aver scoperto una trasmissione ben fatta, ben confezionata, ottimamente condotta dal bravissimo Alessandro Cattelan e che dava il giusto valore alla musica, presentata in modo ineccepibile, almeno in quella edizione. Certo, di artisti del valore di Violetta in gara ce n’erano pochi, o meglio, non ce n’erano proprio, a prescindere da chi si aggiudicò i primi posti in classifica, ma dal mio punto di vista non speravo certo di trovare i nuovi Bono Vox e Bruce Springsteen in un talent show. C’era Violetta e c’era un programma ben fatto. Tanto bastava.

A distanza di soli due anni e con il giro di boa della nona edizione già alle spalle con cinque degli otto live previsti ormai completati, si può tracciare un primo bilancio di X Factor 9 e l’impressione che emerge è che il sistema sia andato in corto circuito, e che le poche sacche di resistenza dentro le quali cerca di difendersi la musica di qualità siano solo la rappresentazione paradigmatica della schizofrenia di un programma che cerca di mantenersi in bilico tra i Duran Duran e Franco Battiato da una parte e i 5 Seconds Of Summer e Justin Bieber dall’altra, ma che è fatalmente strutturato per creare dei Justin Bieber e non certo dei Simon Le Bon.

Ma quali sono quindi le cause di questa deriva? Proviamo ad andare con ordine.

Se l’aggettivo più insopportabile di X Factor è di certo credibile, l’avverbio che ho imparato ad odiare profondamente nel corso delle puntate è senza dubbio discograficamente. Discograficamente guida le scelte dei concorrenti, discograficamente suggerisce le assegnazioni, discograficamente decreta la sorte degli eliminati. Il problema è che discograficamente significa tutto e niente, per il semplice motivo che nel momento in cui vengono prese decisioni basate sulle potenzialità di un concorrente rispetto al mercato, non ci si rende conto che questo mercato non solo è quello che si è contribuito a creare con le stesse scelte passate che si sono compiute (ed ecco il corto circuito), ma che in realtà del mercato questa è solo una fetta, e non è neanche detto che sia la fetta più sostanziosa perché di gente che ascolta tutt’altra musica e che la compra legalmente rispetto al “modello X Factor” e che assiste a tutt’altri concerti è piena l’Italia ed è pieno il mondo, anche volendo restare nell’orbita del mainstream che comprende musica di alta e bassa qualità in proporzioni quasi uguali.

E anche volendo ragionare in termini di puro marketing, come si fa a parlare di mercato musicale come un unicum, quando è invece uno dei più segmentati che si possa immaginare? Arrivando all’attualità, dell’assurda eliminazione dei promettentissimi Landlord parlerò più avanti, ma come spiegare l’eliminazione dell’ottimo Massimiliano D’Alessandro addirittura in prima puntata, se non per il fatto di non avere l’età e il physique du rôle che la produzione immagina per il suo vincitore modello? Ma allora, in ultima analisi, che senso ha mantenere in vita la categoria degli Over quando l’obiettivo è evidentemente quello di trovare l’ennesimo ragazzino da dare in pasto ad altrettanti ragazzini? Se a X Factor hanno deciso di rivolgersi solo a un determinato target (che poi è quello del concorrente Amici), sarebbe veramente più onesto abolire la categoria dei “vecchi” over 25 oppure limitarla a un’età massima o a un minimo di figaggine acchiappa-ragazzine (vedi alla voce G come Giosada, peraltro ottimo). Sempre restando in ottica mainstream, viene da pensare che se a un ipotetico X Factor 1988 si fosse presentato Luciano Ligabue, sconosciuto ventottenne con alle spalle qualche data in giro nel reggiano con gli Orazero, cantando Neil Young voce e chitarra, molto probabilmente non sarebbe arrivato nemmeno ai bootcamp.

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X Factor 8, gli over di Mika incantano

La squadra di Mika è stata protagonista dell’ultimo live show

A X Factor è stata la serata del trionfo di Mika e della sconfitta, con immancabile polemica, di Morgan che per la seconda volta si è ritrovato due gruppi al ballottaggio e ha dovuto quindi perdere gli Spritz For Five e ha così deciso di lasciare (definitivamente?) il programma, con una mossa ampiamente prevedibile e infatti anticipata dal pubblico in rete. Giusto due parole su Morgan, per poi passare alle esibizioni che sono ciò che più mi interessa: questa volta l’istrionico giudice ha in gran parte ragione nel merito, ma non ne ha affatto nel metodo. Ha ragione in generale quando parla di una diffusa mancanza di qualità e di cultura musicale sia nelle assegnazioni degli altri giudici (con apprezzabilissime eccezioni, sia chiaro), sia nei giudizi del pubblico in studio come a casa che tende a privilegiare le cose più pop e semplici. Ha poi ragione nel particolare perché posto che gli Spritz For Five hanno strameritato il ballottaggio e l’eliminazione, nella seconda manche invece diversi concorrenti, a cominciare da Riccardo, avrebbero meritato l’ultimo posto ben più dei Komminuet che hanno offerto una buona performance.

Non ha invece affatto ragione nel metodo perché il gioco è questo e lo conosce bene, deve giocare con queste regole e non può andare casa con il pallone solo perché gli fischiano un rigore contro; ma soprattutto deve fare mea culpa perché, come ho già avuto modo di scrivere, non si è ancora reso conto che il suo apprezzabile intento di utilizzare X Factor per fare divulgazione musicale è diventato in realtà un inutile citarsi addosso e una stucchevole celebrazione del proprio ego con effetti drammatici sui suoi concorrenti, peraltro mal selezionati fin dai boot camp e in alcuni casi non meritevoli di quel palco fin dall’inizio.

Ancora una volta, poi, la scelta della puntata a tema lascia non poco perplessi: gli stessi messaggi arrivati durante la settimana sono stati contradditori, si è parlato di canzoni censurate, di canzoni scomode, di tolleranza, di canzoni contro razzismo, bullismo, violenza, contro l’odio per il diverso. Alla fine ci è finito dentro un po’ di tutto con non poche giustificazioni da arrampicatori di specchi. Giustissime le intenzioni, quindi, ma tema rimasto un po’ vago e generico e svolgimento tutto da rivedere.

Venendo finalmente alla gara, la serata ha visto la vittoria in termini numerici di Fedez, che conferma i suoi quattro concorrenti, ma soprattutto il trionfo in termini qualitativi di Mika e dei suoi Emma e Mario che hanno regalato due esibizioni impeccabili.

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X Factor 8, Emma balla da sola

Emma Morton durante l'esibizione di giovedì sera.

Emma Morton durante l’esibizione di giovedì sera.

Con colpevole ritardo (ma Ubi Caesar, X Factor cessat come già sostenevano gli antichi romani) arrivano anche le mie pagelle del terzo live, una puntata a tema che, come da tradizione, riesce solo a metà. Per essere generosi. Ad ogni edizione, infatti, la produzione ci riprova con il tema dance e, a dimostrazione che è proprio vero che la storia non insegna nulla, ad ogni edizione immancabilmente la puntata fa flop. Già i giudici fanno pasticci quando devono scegliere un brano liberamente, figuriamoci intrappolati in una definizione che da una parte copre una miriade di generi molto diversi (tanto che la polemica del “il mio brano è dance, il tuo no” riemerge ogni volta puntuale come le bollette), dall’altra sembra pensata apposta per sminuire le qualità vocali della maggior parte dei concorrenti.

D’altra parte le canzoni da discoteca (ballabili, disco, dance… scegliete voi il termine preferito) sono per definizione iperprodotte, sature di suoni che coprono tutte le frequenze, le armonie semplici e le melodie molto lineari. Difficile emergere con un’interpretazione vocale emozionante. L’unica che ci riesce, tanto per cambiare, è Emma Morton, complice un pezzo una spanna sopra gli altri per struttura, melodia e tiro. Con una menzione particolare per i Komminuet, autori di una performance brillantissima e senza sbavature.

In generale, un consiglio alla produzione che pare voler insistere con le serate a tema (anche la prossima avrà come tema la tolleranza): scegliete periodi musicali (la puntata anni ’90 dell’anno scorso fu molto buona), scegliete una buona volta la musica italiana (finora solo 4 brani su 35), scegliete un tema (a X Factor UK hanno scelto per esempio le colonne sonore di film), scegliete quello che volete ma lasciate stare la dance.

Ilaria

Get Lucky – Daft Punk

Alla faccia del coraggio di osare, Victoria sceglie il pezzo più banale possibile per la sua Ilaria: già cantata, coverizzata e ballata da chiunque era praticamente impossibile aggiungerci qualcosa. In più, bisogna dar ragione a Morgan che come giudice balbetta ma come critico musicale le azzecca tutte, tolta la chitarra funky di Nile Rodgers del brano non resta più niente. Questo non è certo colpa di Ilaria che però in mezzo a tutta questa destrutturazione un po’ si perde, e stranamente risulta più imprecisa del solito. Se la cava con mestiere ma la sua esibizione è lontana dai suoi consueti alti standard.

Voto: 6 Continua a leggere