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La Top 5 degli album italiani del 2017

Cesare Cremonini, in testa alla mia Top 5 2017

Musicalmente il 2017 è stato un anno per lunghi tratti imbarazzante (soprattutto nel periodo estivo) ma, come spesso accade, per contraltare ha anche vissuto dei picchi di altissimo livello, peraltro concentrati nella prima e soprattutto nell’ultima parte dell’anno. In attesa di conoscere i primi lavori del 2018, già anticipati da alcuni ottimi singoli di recente uscita, ecco la mia personalissima (e quindi opinabilissima) Top Five dei migliori album dell’anno. A cominciare dagli italiani, tra cui avrebbero meritato una menzione anche A casa tutto bene di Brunori SAS e 709 di Caparezza.

1) Possibili scenari – Cesare Cremonini
Uno dei pochissimi artisti che dopo quasi vent’anni di carriera e sei album di inediti riesce ancora a migliorare e a migliorarsi. Possibili scenari è un album che sintetizza in dieci indimenticabili pezzi l’attitudine cantautorale tipica della tradizione italiana e la costante ricerca di un suono internazionale, personale e innovativo. Cremonini crea linee melodiche originalissime; fonde testi e musiche in un intreccio perfetto; stravolge e rivede la forma-canzone ideando nuove e originali strutture; utilizza tutti gli elementi a disposizione di un musicista preparato, colto e ispirato come lui:  strumenti acustici, strumenti elettrici, elettronica e orchestra. Capolavoro.
Perla: Nessuno vuole essere Robin

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L’amore e la violenza secondo i Baustelle

Rachele Bastreghi, Francesco Bianconi e Claudio Brasini

Come all’incirca mezza Italia, nell’autunno del 2005 rimasi incantato da La guerra è finita, il primo singolo dei Baustelle premiato da altissima rotazione radiofonica, anche (soprattutto) in virtù del recente passaggio della band ad una major come la Warner Bros. La semplice ma geniale progressione armonica, l’arrangiamento d’orchestra perfettamente fuso con suoni indie, la voce particolare di Francesco Bianconi con quel timbro scuro alla Nick Cave, le liriche originali, sospese tra pathos, ironia ed understatement nel trattare un argomento spigoloso e complicato come il suicidio giovanile.

Insomma, bastò poco perché decidessi di acquistare l’album La malavita, il terzo lavoro della band di Montepulciano ma, come detto, il primo a godere di visibilità mediatica anche al di fuori del circuito indie grazie al contratto con un’etichetta multinazionale. I precedenti Sussidiario illustrato della giovinezza e La moda del lento avevano infatti riscosso grande credito nel circuito underground ma poca diffusione al grande pubblico, anche perché all’epoca la potenza dei social network era nulla se paragonata a quella di oggi.

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