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Ma la passione non può fallire – 2

Arsenal – Parma 1994, Parma – Juventus 1995, Champions League 1995-96

Wembley 1993. Tanti pensano che una gioia così sarà irripetibile, e in effetti tale rimarrà per sempre perché è la prima volta e la prima volta non si scorda mai e ha un sapore tutto suo. Però le repliche invece non mancheranno: la stagione successiva è di nuovo Coppa Coppe, ed è di nuovo finale. E dopo aver messo in fila squadroni come Ajax e Benfica, si pensa che l’ostacolo Arsenal non sia affatto insormontabile; parto per Copenaghen fiducioso di riuscire a sfatare la tradizione che vuole il bis in Coppa Coppe impossibile. Ma non sarà così: Tomas Brolin centra il palo, Alan Smith invece la mette dentro. Sulle note di Go West i tifosi Gunners cantano One-nil to the Arsenal, con quel filo di humour che permette loro di ironizzare sulla  ormai proverbiale indole sparagnina della squadra di George Graham. E tradizione della coppa confermata, con buona pace anche dei tanti tifosi romanisti accorsi al Parken a fare tifo interessato: un’eventuale vittoria del Parma avrebbe liberato un posto Uefa proprio per la Roma. Le strade di gialloblù e giallorossi torneranno ad incrociarsi drammaticamente in futuro.

Seguiranno altri trionfi disseminati lungo l’album dei ricordi, ma intanto c’è la netta percezione che qualcosa sia cambiato, che nell’isola felice si rilevino le prime incrinature nei rapporti. Georges Grün, per esempio, si sarebbe aspettato di giocare la finale: il belga era reduce da un grave infortunio che a gennaio aveva convinto la società ad ingaggiare Nestor Sensini dall’Udinese, ma era pienamente disponibile. Si sarebbe aspettato di giocare perché lo meritava, perché per tre stagioni e mezza era stato il perno della difesa e della squadra, il segreto neanche tanto segreto di Scala che grazie all’intelligenza tattica del belga poteva giocare con 5 difensori e 4 centrocampisti pur avendo due punte. Non tornano i conti? Beh, non tornavano neanche agli avversari! Se lo meritava per il suo attaccamento alla maglia, per essere sceso in campo, nonostante il dolore, tre giorni dopo la scomparsa della sua figlioletta Victoria, nata prematura. Invece è proprio Sensini a giocare, forse un premio per il gol decisivo in semifinale con il Benfica, ed il belga va in tribuna, per la regola dei soli tre stranieri a referto allora in vigore. Grün incassa da campione senza battere ciglio da signore qual è, ma a fine stagione se ne torna all’Anderlecht.

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Ma la passione non può fallire – 1

Parma Sampdoria 1990, Parma - Juventus 1992, Parma - Anversa 1993

Parma Sampdoria 1990, Parma – Juventus 1992, Parma – Anversa 1993

Aprendo l’album dei ricordi, la prima immagine è un po’sbiadita, è in bianco e nero. Nella realtà è a colori perché risale a soli trent’anni fa, ma nella mia mente appare lontana e quindi un po’ sfumata. È il 29 aprile 1984, siamo a Reggio Emilia e al vecchio Mirabello si disputa l’ennesima edizione del derby dell’Enza di Serie C. C’è un giocatore del Parma che calcia una punizione magistrale e una volta vista la palla nel sacco corre come un matto dall’altra parte del campo, dove a 80 metri di distanza c’è la curva dei suoi tifosi. Come d’abitudine si arrampica alla recinzione, la ramäda, a festeggiare con gli ultras. Si chiama Massimo Barbuti e a distanza di tanto tempo è ancora il giocatore più amato dai tifosi crociati, a dimostrazione che per entrare nelle grazie di una tifoseria spesso contano più cuore, grinta e attaccamento alla maglia delle qualità tecniche. Peraltro tutt’altro che trascurabili nel caso di Barbuti, visti i suoi 37 gol in 98 partite che gli valsero anche qualche apparizione in Serie A con la maglia dell’Ascoli, impreziosite da un gol al Milan a San Siro.

La seconda immagine è un po’ più nitida ma lo scenario è sempre lo stesso, stesso stadio, stesso avversario, ma la categoria cambia: siamo in Serie B, è il 29 dicembre 1989 e questo derby vale per la lotta per raggiungere il palcoscenico più ambito. Il protagonista questa volta è un ragazzo che in futuro avrà una brillante carriera con le due grandi milanesi, ma che nel Parma di Nevio Scala, che funziona come un orologio perfetto, fatica a trovare spazio. Si chiama Maurizio Ganz e alla prima occasione fa vedere tutto il suo valore: con una doppietta espugna il Mirabello e lancia i gialloblù verso la prima storica promozione in Serie A, suggellata nella gara di ritorno dai giocatori simbolo del Parma primi anni ’90: Marco Osio e Sandro Melli.

Continuando a sfogliare l’album si trova un video: è il 20 gennaio 1991, ultima giornata di andata e la squadra di Scala sta disputando un campionato inimmaginabile, la pratica salvezza è ormai già archiviata e i gialloblù sono in piena lotta per un posto in Europa nel gruppetto delle prime cinque. Al Tardini arriva il Milan, è l’ultimo Milan di Sacchi in piena lotta scudetto con Inter e Sampdoria, una corazzata un po’ in disarmo dopo anni di successi in Europa, ma che può comunque ancora contare su Rijkaard, Gullit, Van Basten, Costacurta, Tassotti e Baresi; manca Maldini ma ci sono altri  due talenti e futuri allenatori crociati: Roberto Donadoni e Carlo Ancelotti. E proprio rubando palla al suo futuro mister Alessandro Melli suggella la sua doppietta stendendo i rossoneri in appena 34 minuti ed arrivando alla decima rete stagionale dopo appena un girone. La curva del Tardini è ancora la vecchia curva, e Melli salta i cartelloni pubblicitari e corre a condividere con i tifosi quello che all’epoca è il momento più alto della storia della squadra crociata. Il bello, invece, deve ancora venire: alla fine sarà quinto a pari merito col Torino e si qualificherà alla Coppa Uefa senza spareggi grazie alla squalifica del Milan dopo i fatti di Marsiglia.

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