NBA preview. Western Conference

Steph Curry nella caratteristica posa col paradenti tra le  labbra

Steph Curry nella caratteristica posa col paradenti tra le labbra

E dopo aver analizzato la Eastern Conference, oggi buttiamo un occhio a quella che dovrebbe essere ancora una volta la Conference più competitiva: la Western.

1.GOLDEN STATE WARRIORS

CurryThompsonIguodalaDurant Green. Basterebbe enunciare la death line-up che coach Kerr utilizzerà per spaccare le partite per prendere paura e attribuire subito agli Warriors il ruolo di superfavoriti. Se poi aggiungete il fatto che questo quintetto, con Harrison Barnes al posto di KD, l’anno scorso ha stabilito il primato di vittorie in regular season (73-9) e si è fermata a una stoppata (già leggendaria) di LeBron dal secondo titolo consecutivo facendosi rimontare da 3-1 nelle Finals, sembrerebbe che per gli altri possano restare solo le briciole. Sembrerebbe. Perché il basket non è matematica e non basta sommare i talenti per ottenere la squadra perfetta. Perché quando scende la death line-up e serve un lungo vero non c’è più Andrew Bogut ma Zaza Pachulia. Perché oltre a Barnes e Bogut, non ci sono più nemmeno Ezeli, Barbosa e Speights e la panchina zoppica e invecchia. Favoritissimi sì, ma mai dire mai.

2.SAN ANTONIO SPURS

La fine dell’epopea di Tim Duncan dopo 19 stagioni chiude per forza di cose un capitolo straordinario della franchigia dell’Alamo. Con Manu Ginobili, la consueta qualità spalmata su sempre meno minuti, ormai a sua volta prossimo all’addio, ecco che gli Spurs scelgono la strada della transizione “morbida” con l’obiettivo di ricostruire senza smettere di essere competitivi. Forti della nuova colonna portante della squadra Kawhi LeonardLaMarcus Aldridge, aggiungono da una parte l’esperienza di David Lee e soprattutto Pau Gasol, dall’altra l’atletismo di giovani come Davis Bertans e il probabile steal Dejounte Murray a colmare il gap di fisicità e freschezza costata la serie contro OKC agli scorsi playoff. La misura della qualità e della profondità del roster è data dal fatto che al 99% né Laprovittola e Garino (nazionali argentini) né il “nostro” Ryan Arcidiacono (uno dei talenti più interessanti usciti dal college) vi entreranno. Il resto lo faranno i “soliti” Tony Parker, Danny Green e Patty Mills (e in parte Simmons, Anderson e Dedmon), ma soprattutto il sistema e le alchimie di coach Popovich.

3.OKLAHOMA CITY THUNDER

Dice: ma come? Se sono arrivati terzi con Kevin Durant, come possono confermarsi terzi senza? Non abbiamo forse già visto due stagioni fa quali sono i limiti dei Thunder senza KD? Sì, è così ma ci sono due ma. Il primo si chiama semplicemente Russell Westbrook, che, consapevole di quanto la squadra sia ora tutta sua, non vede l’ora di far sapere all’ex compagno quanto si sia sbagliato. Il secondo è la strategia della franchigia che dovendo scegliere tra svaccare (cedere anche Westbrook e ricominciare da capo) e rilanciare, ha scelto la seconda strada costruendo una squadra equilibrata e studiata apposta per esaltare lo 0. Victor Oladipo è il compagno di reparto ideale, mentre il front court è il più profondo e versatile della lega: oltre a Steven Adams ed Enes Kanter, arrivano l’altro turco Ersan İlyasova, Joffrey Lauvergne e il rookie figlio d’arte Domantas Sabonis. Certo, lo spot da ala piccola resta inesorabilmente orfano: Andre Roberson, l’esperimento tentato fin qua da coach Donovan, può forse valere Durant in difesa ma non certo in attacco, ma se gli altri quattro (Russell in testa) riescono a dividersi i punti di KD, i Thunder diventano molto interessanti.

4.MINNESOTA TIMBERWOLVES

Ok, come si passa da 29-53 al quarto posto? Perché tutti aspettiamo da anni l’esplosione definitiva dei talenti dei T’Wolves, che a furia di arrivare alla lottery (e di scegliere bene) hanno ormai un roster quasi completamente formato da scelte dalla 1 alla 5, e questa ha tutta l’aria di essere la stagione buona. Al rookie of the year del 2016 Karl-Anthony Towns, a Zach LaVine e Andrew Wiggins si aggiunge adesso un altro prospetto di sicuro interesse come Kris Dunn, point guard necessaria per far ruotare Ricky Rubio e forse non solo, la cui vera esplosione per la verità non ha mai avuto luogo. Nel pitturato accanto a Towns il confermatissimo Gorgui Dieng, con Jordan Hill e Cole Aldrich dalla panchina, senza tralasciare Nemanja Bjelica che prima o poi farà vedere anche a Minneapolis quello che sa fare con la nazionale serba. Shabazz Muhammad e Brandon Rush completano invece il back court di coach Thibodeau, chiamato a trasformare il talento in risultati. Viene da pensare: ora o mai più.

5.LOS ANGELES CLIPPERS

Personalmente non ho mai creduto nei Clippers, e non vedo il motivo per cui quest’anno le cose dovrebbero andare diversamente. I presunti big three (peraltro tutti con una player option al termine di questa o della prossima stagione) si riducono in realtà a un big one (Chris Paul, ovviamente) per i limiti tecnici di DeAndre Jordan e quelli caratteriali di Blake Griffin, e lo stesso CP3 non può garantire un apporto costante causa i vari infortuni di cui soffre. Senza Paul e Griffin i losangelini sono stati spazzati via da Portland al primo turno dei playoff, con loro sono ancora un gradino avanti, ma non di più. Inoltre il supporting cast (J.J. Redick, Wesley Johnson, Austin Rivers, Luc Mbah a Moute, Jamal Crawford, Marreese Speights e il pensionando Paul Pierce) non sembra all’altezza dei top team della Western Conference e un’onorevole qualificazione alla post-season sembra tutto quello che può chiedere la truppa di Doc Rivers.

6.PORTLAND TRAIL BLAZERS

La sorpresona della scorsa stagione (semifinale di Conference persa con Golden State, non senza aver giocato un overtime per portare la serie 2-2) è chiamata a ripetersi e possibilmente a migliorarsi. Quando la partenza di LaMarcus Aldridge sembrava condannare la franchigia alla lottery, Portland ha esibito il Damian Lillard (giocatore più sottovalutato della storia) migliore della carriera e un C.J. McCollum devastante. Coadiuvati dalla crescita di Moe Harkless e Al-Farouq Aminu, dall’esuberanza in area di Mason Plumlee, Noah Vonleh e Meyers Leonard, la “coppia terribile” ha costruito un piccolo capolavoro. Gli innesti di Evan Turner e Festus Ezeli dovrebbero portare l’esperienza necessaria per confermarsi e crescere ulteriormente.

7.DALLAS MAVERICKS

Per la verità, dietro le prime sei c’è grande equilibrio e grande bagarre ma i Mavs sembrano indubbiamente avere qualcosa in più: WunderDirk Nowitzki (38 primavere) ha un nuovo compagno di pitturato in Andrew Bogut e se non è la coppia più rapida del mondo, è un bel mix tra la tecnica celestiale del tedesco e la presenza fisica dell’aussie. A dar manforte Dwight Powell e l’incredibile Salah Mejri, che quando si tratta di metterla sul fisico si frega le mani come un bambino davanti alla Nutella. Molto della stagione dei texani dipenderà dagli umori di Deron Williams, affiancato da Wesley Mathews, e dalla voglia di riscatto di Harrison Barnes, deciso a dimostrare che nel quintetto campione del mondo non era finito per caso. Dietro a J.J.Barea e Devin Harris, scalpita l’altro Curry, Seth, con la voglia di trasformare anche il suo DNA in talento.

8.MEMPHIS GRIZZLIES

Ok, da sani i Grizzlies valgono molto più dell’ottavo posto: a Mike Conley, a torto o a ragione il più pagato della lega dopo LeBron, e a Tony Allen si aggiunge anche la classe di Chandler Parsons; sotto i tabelloni il talento di Marc Gasol, i muscoli di Zach Randolph e la solidità di JaMychal Green. Dalla panchina l’esperienza di Vince Carter a fare crescere la prima scelta da Vanderbilt Wade Baldwin; James Ennis, Troy Daniels   e l’altro rookie Deyonta Davis completano un roster sicuramente da playoff ma come l’anno scorso soggetto ad infortuni che lo possono fare precipitare fuori dalle prime otto, anche perché la concorrenza è spietata.

9.UTAH JAZZ

I Jazz hanno sfiorato i playoff nella scorsa stagione (noni con 40-42) e quest’anno puntano decisi alla post-season grazie agli innesti estivi in cabina di regia (George Hill) e in termini di esperienza (Joe Johnson e Boris Diaw) a fare da chioccia ai giovani Dante Exum e Trey Lyles. D’altro canto Rodney Hood e Gordon Hayward, ma soprattutto Derrick Favors e Rudy Gobert nel pitturato, sembrano ormai aver raggiunto la maturità necessaria per togliersi più di una soddisfazione: tra il settimo e il decimo posto può succedere di tutto.

10.DENVER NUGGETS

L’auspicio sarebbe che la franchigia di Danilo Gallinari potesse finalmente approdare ai playoff perché il Gallo se li merita tutti, ma la verità è che anche quest’anno l’impresa sarà complicata. Il roster, per la verità, è tutt’altro che male:lo stesso Danilo potrà beneficiare del ritorno a tempo pieno di Wilson Chandler, con cui dividersi minuti da ala piccola, e dell’ottima stagione del rookie Nikola Jokić sotto ai tabelloni a cui si affiancheranno l’altro ottimo prospetto Jusuf Nurkić e la produzione di Kenneth Faried. Cosa manca allora? Un po’ di solidità nel back court dove Emmanuel Mudiay è chiamato a confermarsi dopo una buona stagione da rookie, affiancato da Will Barton e Gary Harris e dalla prima scelta di quest’anno Jamal Murray. Solo colmando il gap di esperienza di questi ragazzi di belle speranze i Nuggets potranno ambire alla post-season.

11.HOUSTON ROCKETS

Intorno a James Harden sembra essersi materializzato il deserto e una squadra che ha faticato non poco già la scorsa stagione per agguantare i playoff (conquistati all’ultimo tuffo con un poco esaltante 41-41) difficilmente potrà fare meglio del blocco delle rivali in lotta per la post-season. Certo, è stato risolto l’equivoco Dwight Howard spedendolo ad Atlanta, ma al suo posto non è arrivato nessuno, semplicemente è stato promosso Clint Capela, ed è tutto da vedere se lo svizzerone avrà gli attributi per comandare sotto ai tabelloni. Anche perché, mollati anche Motiejunas, Terrence Jones e Josh Smith, a dare man forte restano solo Ryan Anderson, Harrell e il neoacquisto Nenê, non proprio un front court da sogno. Certo, il barba è sempre il barba ma per puntare in alto servirebbe una superstagione di Beverley ed Ariza e soprattutto qualche magia in panchina di coach Mike D’Antoni.

12.PHOENIX SUNS

La franchigia dell’Arizona sta ricostruendo alla grande grazie a scelte molto oculate, a cominciare dalla rivelazione della scorsa stagione Devin Booker, membro dell’all-rookie team 2015-16, e poi con T.J. Warren, prima scelta con la 14 del 2014, e Alex Len, prima scelta con la 5 nel 2013. Logico aspettarsi ottime cose anche da Dragan Bender e Marquese Chriss, prime scelte di quest’anno. Accanto a Booker, poi,  compagni di back court affidabili e ancora giovani come Eric Bledsoe e Brandon Knight sotto lo sguardo amorevole del rientrante Leandrinho Barbosa. E infine Jared Dudley e soprattutto Tyson Chandler a portare esperienza sotto ai tabelloni: ancora poco per competere per i playoff ma sicuramente un’ottima base di partenza per il futuro, probabilmente già dalla prossima stagione.

13.LOS ANGELES LAKERS

Con la fine dell’era Kobe e l’inizio dell’era Luke Walton, comincia ufficialmente la ricostruzione dei Lakers, per la verità già iniziata obtorto collo da qualche anno, a causa delle ultime deludenti stagioni. Ora però, senza l’ombra ingombrante del black mamba, l’investimento sui giovani deve iniziare a dare gradualmente ma costantemente i primi frutti. I Julius Randle (2014), i D’Angelo Russell e Larry Nance (2015), e l’ultima scelta Brandon Ingram devono prendere in mano la squadra e dimostrarsi all’altezza del blasone della franchigia. In quest’ottica lasciano un po’ perplessi i contratti di Luol Deng, José Calderon e Timofey Mozgov (fa un po’ impressione vederlo là dove un tempo dominavano i Kareem, gli Shaquille e i Pau) e la rifirma di Marcelo Huertas. Obiettivo immediato: vincere più partite delle 17 dell’anno scorso e fare chiarezza in un back court troppo affollato che comprende anche (almeno per ora) Lou Williams e Jordan Clarkson. In attesa della prossima lottery.

14.NEW ORLEANS PELICANS

Veramente poco attorno all’all-star Anthony Davis, che rischia seriamente di impigrirsi e involversi invece che diventare l’MVP che tutti attendono. Langston Galloway, E’twaun Moore e Solomon Hill non sono certo i nomi che possono cambiare le sorti della franchigia. Se poi Jrue Holyday (motivi personali) e Tyreke Evans (operato al ginocchio) iniziano la stagione da inattivi, si capisce che anche quest’anno per la Big Easy sarà durissima.

15.SACRAMENTO KINGS

Vedi sopra, con DeMarcus Cousins ancora più solo di Anthony Davis, nonostante i proclami della società e la nuova arena (Golden 1 Center da 17.500 spettatori), e sempre più in attesa della scadenza del contratto per cambiare aria. Via Rajon Rondo, via Belinelli (che per la verità non ha mai inciso la scorsa stagione), la franchigia prova a ricostruire partendo dall’ottimo Willie Cauley-Stein (anche lui nel quintetto all-rookie) e dalle ben quattro scelte portate a casa quest’anno. Per il resto i solidi Darren Collison e Rudy Gay e un pacchetto di supporting cast che comprende Arron Afflalo (non indimenticabile a New York), il giramondo Matt Barnes, Garrett Temple e i confermati Omri Casspi e Kosta Koufos. A occhio, pochino.